Username: Password:
Presentazione
Eventi
Cosa facciamo
Partner
News
Testimonianze

Anoressia
OCD
DAP

      L'istituto
Diario di un'anoressica
23/04/2007 - Due sono le mie anime.
Due sono le mie facce, incredibili e o-scene.
Uno dei due volti si chiama Anoressia, l’altro Bulimia.
Il primo ha uno sguardo melanconico…di una malinconia che è quasi seducente, sinuosa…delicata, e insieme forte. E’ come una carezza triste, soave come due braccia che ti possono cullare, come un dondolio dal ritmo dolce e lento, come una cosa che ti copre piano, e scivola muovendosi armonico, leggero, fievolissimo dolore. Dolore eppure totalmente intenso da riuscirti a squarciare senza che nemmeno te ne stia accorgendo…
Gli occhi sono trasparenti e la pelle è così bianca da abbagliarti, quasi fosse raggio luminoso e puro.
E’ debole, è fragile, ma spaventosamente POTENTE.
L’altro volto è l’esatto opposto.
Oltre la sua apparenza forte, oltre la ribellione che lo anima, oltre l’impulso di passione e il trasporto fervido che cela… io non trovo che l’inettitudine e la debolezza insulsa di chi è stato fatto schiavo, di chi insicuro e incapace i volere, soggiace a un male straordinario, inerte nel proprio suo soccombere e non saper
agire.
Questa faccia è calda, rossa, viva e sa aggredire, ma è la faccia di un dormiente, di un’inutile, pesantissima, incapace sofferenza.
Questi occhi sono di fuoco, ebbri, sazi, ma felici.
Qui sta il tratto comune: in nessun caso c’è faccia di gioia, mai si scorge soddisfazione alcuna, mai un indizio di serenità.
E’ un mondo FINTO, assolutamente costruito.
In questo mondo è la finzione che detta legge, l’impossibilità è sovrana (mascherata da chimera onnipotente) e la follia, perennemente indisturbata, fa il suo gioco ammazzando qualunque Verità.
Io sono schiacciata, in mezzo a questi due titani, che diventano una cosa sola. L’uno figlio dell’altro: ormai nemmeno li distinguo più.
In realtà potrei definirmi una persona bulimica, poiché è questo l’aspetto più evidente, più marcato, più vincolante: ma la mia bulimia nasce da un atteggiamento mentale che è anoressico, e che vuole esserlo.
Alt. “Che vuole esserlo?”
Ho paura, quasi, di averlo scritto.
Ma so che è così.
Io godo della mia ASSENZA (aisserona)
Io godo quando trovo il disgusto del cibo.
Io godo del mio astenermi, delle mie privazioni, delle mie costrizioni affamate e crudeli.
Perché amo mangiare. E’ la mia ossessione, è il mio destino coatto. Ma mi costringo a restarne lontana, o digiunando, o vomitando.
La vera gioia però è quando (ed è più raro) io davvero MENTALMENTE e FISICAMENTE rifiuto il cibo, non essendo più capace di ingurgitarne anche una sola piccola parte. Quando cioè devo fare fatica per riuscire a farne a meno: questo è molto gratificante.
Avere ribrezzo del cibo. Odiarlo. Chiudere qualsiasi via d’accesso. “Lui non può entrare: così ho deciso”questo mi piace, mi rassicura, mi dà pochi problemi (…)
Ma non accade spesso. Bene: in verità desidero che ciò avvenga assai più spesso, così da arrivare a uccidere del tutto il desiderio e a distruggere l’inconveniente bulimica, esasperante ed invadente.
La mia mente è anoressica, e io desidero ancora questa compagna cattiva e bella che è l’anoressia.
La Bulimia è solo schifosa, misera, debole scappatoia trovata dal mio meschino corpo.
E’ un inconveniente che punisco, controllo e riconduco all’ordine regolarmente attraverso il terribile supplizio dell’andar di stomaco.
E’ la condanna: un corpo che soggiace al desiderio…un desiderio sporco, corrotto che mi vuole danneggiare.
Non appena subentra la fredda e spontanea rinuncia, quando forzarmi non è più necessario per sapere dire di NO, io sono in pace con me stessa [Odio il cibo. Amo il cibo] Io sono doppiamente folle, e dentro questa pelle non so stare più…Sento che non contengo oltre tanta esasperante, esuberante, contorta follia.
Essere veramente anoressici è sublime.
Ti sublima. Operazione grandiosa, molto vicino a Dio.
La Bulimia non si ama mai, l’anoressia, invece, anche se la detesti perché ti distrugge, ti annienta, ti impedisce di vivere e ti accompagna con benevolo e dolcissimo sorriso incontro alla morte, ciononostante, la si guarda sempre con ammirazione, con tenerezza, con affetto, almeno in parte.
E questo per sempre.
L’hai partorita tu e non può che essere amato ciò che è stato fervidamente, appassionatamente voluto.
E che per giunta, ai tuoi occhi, è la personificazione assoluta della bellezza, dell’utopia fattasi concreto dell’impossibile che diventa tangibile, reale, certo.
La certezza d’essere ciò che vuoi.
Ma anche questo è un imbroglio. Non c’è mai nessuna CERTEZZA. La vita tutta diventa squallida e continua lotta nello sforzo di mantenere vivo ciò che a caro prezzo hai conquistato: il Kg-Killer è in agguato costante e tenerlo lontano è impresa ogni giorno più angosciosa, greve, estenuante.
E’ una battaglia, un assillo, è la più affannosa delle corse… e io so verso cosa sto correndo.
Vedo l’insensatezza e vedo la Fine. Gli occhi, certo, non è più il tempo di tenerli chiusi a guardare soltanto dentro…bisogna che si accorgano anche di cosa sta fuori. Fuori c’è la realtà, c’è un barlume di senso, dentro è solo imbroglio, groviglio, autoconvinzione, un milione di opposti ma per una sola mente che si autocondiziona e che non vede oltre il proprio naso.
Ora siamo cresciuti. E lo sguardo sappiamo rivolgerlo anche altrove.
Il problema adesso è MUOVERSI…
Sublime modo di essere è quello di chi si infligge l’anoressia mentale: sublime, certo; maniera d’esserci altissima, perfetta assolutamente propria e dannatamente PURA.
Io ho inseguito la purezza, io mi sono spogliata delle spore orrende della mia goffaggine, della mia insicurezza, del mio doloroso, umiliante non VOLERMI, non PIACERMI, non AMARMI.
Nel mio illimitato0 sentire, che mi ha reso priva di scorza, di pelle, di protezione alcuna… io mi sono fortificata. Ma a modo mio. Aggredendomi perché mi odiavo, ricostruendomi con una cattiveria amorale, costante, caparbia e speranzosa…
Fino ad entrarci dentro a questo Imbroglio con tutta me stessa e con tutto il mio fatale, irreparabile, tremendo dolore.
Mi sono mondata delle mie “sporcizie” goffe, ingenue, disarmoniche, infantili, ma comunque NON COLPEVOLI (ahimé! L’avessi capito prima…). Era solo troppo presto. Bisognava che mi dessi solo il tempo necessario alla mia Trasformazione.
Non ho fatto invece che pugnalarmi con ferocia e disciplina, spappolando la mia carne, la mia dignità, e quella integrità che doveva cominciare a venire, quando ancora ero bambina, prima ancora che mi reinventassi donna.
Adulta: così dovevo diventare. Tenuta in piedi da una identità, da una sicurezza d’essere, da una ossatura che fosse di sé orgogliosa e via via più agile, matura e forte.
Tutto questo però non è mai sbocciato, tutto questo non è divenuto, tutto questo io ho scelto di smorzarlo in cambio di un inganno grande e fantasioso, pieno zeppo di violenza e di ingiusta autoflagellazione.
Ho coltivato l’odio, ho coltivato l’errore, ho coltivato la rabbia e la vendetta.
Adesso, nelle mani, raccolgo lacrime e disperazione per tutto quello che ho distribuito e bruciato ingiustamente, senza coscienza ed esitazione alcuna.
E’ stato troppo l’amore di me stesa, e troppo è stato l’odio. Alla radice dei due opposti che oggi mi attanagliano c’è un’antica contraddizione, che mi dilaniava allora e che continua a tenermi stretta: ormai sedimentata nella mia stanca, confusissima mente, questa opposizione estrema è adesso la necessaria IDENTITA’ che mi costituisce, domina e determina con tutta la sua devastante potenza.

Ritorna alla pagina precedente
Powered by Archidea Communication